Una frase tratta dal mio romanzo breve Sogni Pizzicati
Una frase tratta dal mio romanzo breve Sogni Pizzicati
Guardami, sfiorami, se occorre sorreggimi.
E sognami perché in questa vita, troppo reale,
è così bello sognare.
Ringraziami, se lo merito.
Abbracciami, anche se non tremo.
Invitami a ballare.
Sento la musica
e so che anche tu la puoi ascoltare.
Proteggimi, ma non troppo, dalle delusioni.
Aiutami a crescere. Ho ancora tanto da imparare.
Circondami di sguardi, consigli e riflessioni.
Dimmi “che bella che sei!”.
Dedicami quella canzone che mi fa impazzire.
Ho le lacrime agli occhi, non vedi come luccicano?
Baciami. E non dimenticare nulla.
Soprattutto non scordare me.
Con questa poesia ho partecipato all’edizione 2017 di Coop for words
Anime
Siamo anime coraggiose che guardano il sole senza schermi né filtri.
Siamo anime fragili che singhiozzano dinanzi a ricordi più o meno eterni.
Siamo anime dispettose che giocano a nascondino con i sentimenti, quelli veri.
Siamo anime determinate che sanno volere, sanno amare, e sono capaci di farlo assieme.
Siamo anime incerte che ondeggiano verso la luce, passi insicuri lungo la strada e mani in tasca.
Siamo anime gemelle, definite tali perché, alla fine dei conti, non ci somigliamo poi tanto.
Siamo anime diverse perché solo con le differenze potremo incastrarci non solo a dovere, ma anche ‘a piacere’.
Siamo anime morbide che si perdono in un caldo abbraccio e non hanno paura di ammetterlo.
Siamo anime che baciano la vita, non la prendono a morsi, perché la dolcezza e l’amore salveranno il mondo, e ne sono convinte.
Siamo anime che scivolano via, tra un sorriso, una zampa che trema, una mano che stringe,
una penna che scrive, un flash che scatta, un pennello che ‘detta’ emozioni.
Siamo anime che corrono tra le dune, i castelli di sabbia, le onde spinte dalla tramontana.
Siamo anime che ululano dietro il faro, nascoste tra le torri e le foglie d’ulivo.
Siamo anime, anime soltanto.
Siamo quel ‘niente’ che è tutto. Tracce nell’esistenza. Ma siamo l’importante.
Con questa poesia ho partecipato a Comd’Arte 2017.
Il testo è stato selezionato e pubblicato all’interno di una raccolta.
Ella lo osservava e leggeva quegli occhi, quel mal d’amore, quel briciolo di tristezza che ogni tanto tornava come una pagliuzza dorata, con lo scopo però di oscurare il mondo attorno.
Ma egli combatteva, resisteva, non voleva rovinare tutto. Non quella volta. Così chiudeva gli occhi, li sfregava con le mani, ruvide e forti, scacciava l’amarezza che ora, proprio ora, non avrebbe dovuto aver la forza di colpire.
Li riapriva, la guardava, “quanto è bella” pensava. E gli occhi sorridevano. Le pagliuzze d’oro riscoprivano un solo compito: amare e farsi amare.
Avevano un punto in comune, seppur lontanissimo, ma era pur sempre una speranza da cui ripartire. Per entrambi rappresentava la stella cometa da seguire con lo sguardo rivolto al cielo. Un arcobaleno da immortalare in mille scatti, dopo la stagione delle piogge.
Un bacio sulle labbra che, sorprese, tornano vive a respirare, a centellinare la belle emozioni che, come scintilii di Natale, fanno brillare gli occhi, non più liquidi di lacrime, bensì di gioia pura. E c’è da meravigliarsi della liquidità che accomuna due sfere così diverse: dolore e felicità. Ma anche della consapevolezza che ne scaturisce: alle volte le pupille bagnate si accompagnano a sorrisi veri, e incitano agli abbracci, allo sciogliersi dei dubbi, all’annientarsi dei chilometri.
Nessuna separazione dietro l’angolo, solo desideri che, senza incrociare le dita, si avverano.
– Che odore di libertà. Lo senti?
– No. Annuso solo amore rispose lei
– Appunto. Amore e libertà si tendono la mano. Hanno la stessa fragranza ribatté lui
Lei, sorpresa, allungò il collo, rivolse i polsi verso il giovane, per accogliere la nuvola di profumo.
Gianluigi Mazzotta, venticinquenne squinzanese, è da qualche anno a Milano. Lavora da Zara Man in Galleria Vittorio Emanuele proprio nel capoluogo lombardo. La moda è una sua grande passione, ma non la sola.
Il giovane salentino ha un’altra grande passione o, meglio, ‘”bisogno” come ci dice lui stesso, ovvero quello di esprimersi attraverso la scrittura. Totem ha rivolto delle domande a Gianluigi al fine di far conoscere la sua ‘arte’, nonché di capire appieno cosa spinge un giovane oggigiorno a ‘buttarsi’ in un mondo, quello letterario, non semplice, seppur reso alle volte più ‘social’ e diretto da Facebook, Instagram, e affini.
Leggi QUI l’intervista
Respirando quasi lo sento il vento del Salento. Lasciando cadere le palpebre avverto la forza del solo sole sfrontato, che non ammette repliche.
Fanno capolino nella mente il mare, gentile e carico di storie, i paesaggi umili e ricchi di semplicità e genuinità. Grano, viti, ulivi, che si rincorrono dietro i muretti a secco e abbracciano la terra chiara, desiderosa di acqua, vogliosa di esplodere di frutti.
Il tramonto sul mare e quello sulla campagna mi sono rimasti addosso, come l’aria buona delle sere d’estate, rigogliose di stelle, musiche pizzicate, tamburelli, frise e baci di sabbia e gocce salate.
Mi verrebbe da ballare, girare, posare lo sguardo sui foulard che ondeggiano leggeri. Ma qua non mi sembra il caso di farlo. Lo farei a ridosso delle dune o vicino a un dolmen. Lì sarebbe così naturale.
Questo è il posto dei palazzi alti, delle auto che si imbottigliano, della velocità e della competizione. La certezza e il concreto si trovano dove sono ora.
Nella terra che tanto mi manca invece, ben pronunciati, riecheggiano radici e sogni di ragazza.
La guardava piegare la testa da un lato. Riflettere sulla nebbia che andava diradandosi dai pensieri. Ogni tanto arrotolava alle dita qualche ciocca: le ingabbiava per poi lasciarle ricadere sulle spalle, nuovamente libere, ribelli, senza alcun vincolo.
Attendeva che si voltasse, per incontrare il suo sguardo. Impaziente e timido, bramava la visione pura e delicata del suo volto. Quanta forza poteva celarsi dietro quel barlume di fragilità? Sembrava potesse spezzarsi facilmente, al primo soffio di vento. Sembrava non potesse resistere neppure a qualche goccia di rugiada o una tiepida pioggia d’autunno.
I fiocchi di neve o un acquazzone estivo avrebbero di gran lunga turbato la sua quiete, nonché quella calma apparente che la portava ad accarezzare gli altrui turbamenti lontani; non avrebbe resistito, forse, alle agitazioni esterne. Ma non importava.
Voltandosi lei mostrò la sua trasparenza. E lui la accolse, senza riserva alcuna.