Sognando
Il campo posticcio tra l’erba dispettosa, dei sassi per le porte, sarà difficile accertare i goal, ma sarà bello giocare, incuranti della terra pronta a sporcarci i vestiti, e per nulla preoccupati delle eventuali cadute, con ginocchio sbucciato annesso.
Ma chi gioca a calcio si cura di tutto ciò? Non credo. Nel momento in cui ci sono un campo, un pallone, la compagnia, si pensa solo a giocare, e alle volte basta solo una palla, gli altri ingredienti non sono indispensabili. Il calcio è meglio di una torta. Conoscete un dolce fatto da un unico ingrediente? Il gioco del calcio è così essenziale che un semplice pallone davvero può bastare. Spesso anche quello è posticcio, proprio come il campo. Fogli di carta assumono in fretta e furia le sembianze sferiche, un po’ di nastro adesivo per bloccare l’opera d’arte che, appena creata, è là a guardarci. E a chiamarci, a implorare un calcio, in modo persuadente. Dire di no? Impossibile. Il sogno di ogni pallone è essere protagonista, toccare la rete (e quando non c’è, superare lo spazio delimitato dai sassi) e vibrare al grido “Goal!”. E quasi sempre il suo sogno coincide con quello di chi gioca, o meglio il suo desiderio si realizza grazie a chi lo calcia, lo difende, lo lascia fuggire.
Giocare è come sognare: perché restare fermi e non assecondare il richiamo del gioco? Perché non cedere alla tentazione dei sogni? Per sognare occorre muoversi tra realtà e immaginazione, e in campo il confine tra questi due mondi paralleli è così labile. Un po’ come quando sei allo stadio e i giocatori ti sembrano vicinissimi, piccoli, potresti prenderli con una mano, e invece sono lontani, grandi, scattanti e inafferrabili. E chi guarda è protagonista in qualche modo: è al centro di un sogno più vasto, che coinvolge tutti e, senza esitare, urla la propria passione.
Anche davanti allo schermo siamo tutti allenatori, giocatori, oltre che tifosi e appassionati. “Ma dai fai entrare lui?” quante volte lo abbiamo detto, riponendo poca fiducia nel mister di turno. “Quel goal lo avrei fatto anch’io!” Chi non l’ha mai detto? In queste circostanze siamo tutti campioni, ci sentiamo coraggiosi, forti, nel bene e nel male. E ciò può essere una fortuna, perché non fa altro che spingere il sogno individuale, il motore della vita di ognuno di noi.
E quante volte abbiamo dovuto far i conti con i rompi – sogni del momento? “Il calcio? Degli stupidi che vanno dietro a un pallone! Che ci trovi?”. Ci trovo tutto e ci trovo niente. Ci trovo concretezza e astrattezza, ci vedo ricchezza (economica, troppa; e spesso d’animo, perché molti sono campioni anche dentro) e povertà (alle volte d’animo, di umiltà, un po’ come nella vita di tutti i giorni). Ci vedo anche lacrime, di delusione e di gioia, sorrisi, sguardi pensierosi, giocate, esultanze, grinta, voglia di non mollare. Ed è questo il tutto che ci trovo. E’ questa la mia risposta ai rompi – sogni, e credo che non ci possa essere risposta migliore.
I sogni risiedono nel cuore, e se il calcio è il tuo sogno, anche lui ha un posto nel tuo cuore. Alimenterà ogni battito di fantasia, raccoglierà le briciole di amarezza per gettarle via, il più lontano possibile. Non potrebbe essere altrimenti.
E tante sono le sue sfaccettature: le inquadrature sui campi, le interviste dei nostri campioni, i goal, il rispetto, il riscatto, elementi che creano un mix speciale, tra l’odore buono e reale del pranzo della domenica. Tra l’odore impercettibile delle bandiere, degli striscioni e delle attese.
E’ una storia di odori, suoni, sogni e fantasie. Non è soltanto una mia storia, un mio pensiero, ma è la storia di ognuno di voi, vecchi e nuovi proprietari, fautori, ingegneri improvvisati, di campi posticci; di voi geniali artefici di sfere di carta, e di voi, autentici sognatori che non mollano mai.